L'Election Day Usa visto da San Marino. Lorenzo Bugli, presidente dei Giovani Democratico Cristiani e consigliere nelle fila del Pdcs, sarà tra i protagonisti di una live dedicata al confronto alle urne tra Joe Biden e Donald Trump organizzata da Francesco Sismondini e Daniele Gambetti e in programma questa sera, a partire dalle 23.30, su Facebook e Zoom. Il dibattito vedrà la partecipazione di alcuni esponenti di spicco del panorama politico giovanile, quali Carlo Angrisano (presidente studenti del PPE), Davide Quadri (responsabile Esteri Lega giovani), Virgilio Falco (vicepresidente IYDU), Giulio Del Balzo (candidato segretario nazionale +Europa), Marco Parroccini (segretario internazionale Forza Italia giovani). Saranno presenti anche Massimiliano Salini, europarlamentare di Forza Italia, e Brando Benifei, europarlamentare Pd. Di seguito l'analisi di Bugli alla vigilia dei primi exit poll:
“Siamo all'atto finale di una campagna elettorale che, prima dell'emergenza, molto probabilmente avrebbe visto Trump come vincitore al 90 per cento. Sulla campagna hanno però influito alcune scelte politiche che hanno messo al centro l'economia del Paese a discapito di decisioni più drastiche, come un eventuale lockdown: scelte che hanno fatto recuperare terreno a Biden, avvicinando i due fino ad arrivare quasi ad un testa a testa. I sondaggi attualmente danno come vincitore Joe Biden con un distacco, in alcuni casi, di una decina di punti percentuale o di 5/6 punti in altri casi. Una campagna elettorale che vede fronteggiarsi due contendenti totalmente diversi anche nelle skills. Da un parte abbiamo Donald Trump: l’uomo delle televisioni, l’uomo forte, l’uomo che non ha mezze misure. Dall’altra parte abbiamo Joe Biden, un uomo che viene dalla politica, un senatore, avvocato, una persona che ha avuto delle sfortune nelle vita che di solito creano pathos per l'elettorato. Contro questa figura di politico avviato vi è un Trump che incarna l’imprenditore, l’uomo del lavoro, l’uomo che non ha mai fatto politica tranne in questo periodo qui, per cui un uomo che viene dalle imprese, una figura paragonabile a quella di Berlusconi per l'Italia. Queste due figure hanno sostanzialmente due modi diversi di interpretare la politica. Al momento i sondaggi danno già per vinto Trump, ma io mi sentirei di dire “mai fidarsi ciecamente dei sondaggi’’ perché anche nel 2016 Hilary Clinton sembrava dovesse avere la vittoria in tasca. Questo perché vi è un elettorato che io definisco silente, ovvero quell’elettore che magari va nell’urna e vota un determinato partito o forza politica però non si vanta di averla votata, un elettorato che si identifica più in Trump. Un uomo che ha fatto dell’America First un punto di forza, un punto che ha giocato un ruolo decisivo nel mondo delle imprese, nell’economia, creando occupazione e posti di lavoro. Non dobbiamo dimenticare che, storicamente, i repubblicani hanno sempre evitato eccessive interferenze negli scenari internazionali. Trump, durante il suo mandato, è rimasto fedele a questa tradizione, focalizzandosi maggiormente sul rilancio dell'America piuttosto che sulle dinamiche internazionali, che lo hanno comunque visto protagonista ad esempio nel caso della guerra dei dazi con la Cina. Trump è stato anche l'uomo che ha favorito un clima di disgelo con la Russia e che ha promosso un'opera di riappacificazione con la Corea del Nord. L’altra questione è che abbiamo un Biden che riporterebbe un socialismo democratico classico al centro, per cui un paese più green, più multietnico, un paese che guarda al mondo e agli scenari internazionali per affermarsi a livello globale. Questo potrebbe eventualmente causare delle frizioni con la Russia e con altri paesi, ma allo stesso tempo potrebbe porre nuovamente al centro l'Europa, favorendo la ricucitura di un rapporto tra Germania e Stati Uniti che negli ultimi anni si è forse incrinato. Questo è lo scenario a cui andiamo incontro e l’elettore americano si troverà diviso tra questi due binari. Un elettorato che sarà silente e composto dai grandi conservatori tradizionalisti che voteranno Trump che incarna perfettamente l’idea di un’America che va avanti da sola, un’America che mette al centro il lavoro, l’economia e che non ha paura di dirlo al mondo. Dall’altra parte abbiamo un Biden che dice che l’America deve essere più aperta, più cooperativa, un’America che guarda al verde e al mondo. Queste sono i due schieramenti in campo. In questo scenario qui sarà interessante capire anche come votano i sammarinesi. Abbiamo due grandi comunità, una a Detroit e una a New York: diverse migliaia di sammarinesi che negli anni del Dopoguerra hanno costruito in America le proprie famiglie, il futuro e il lavoro. In questi giorni mi è già capitato di notare un grosso divario tra le due tipologie di elettori sammarinesi, che appaiono spaccati a metà: molti di loro voteranno Trump, perché consapevoli del successo economico e anche del fatto che non abbia creato problemi nel mondo a livello di guerra e referenze geopolitiche, ma altrettanti sammarinesi vorrebbero Biden come presidente perché incarna anche il concetto di buon senso, di corretta politica e di tutto quello che dovrebbe rappresentare un presidente. Questa sarà una questione interessante”